Una tavolozza di acquerelli sta immobile, in alto a sinistra, su un tavolone di legno. Accanto, pennelli di svariate misure pronti a essere utilizzati, intonsi, sulla piccola pagina di un quaderno ad anelli, forse un A4 o un A5, bianca, che si trova sulla destra del ripiano.


Adesso riproviamo.

Aveva sistemato tutto: essendo mancina, aveva messo in riga i pennelli sulla sinistra, accanto alla tavolozza degli acquerelli. Aveva passato tanto tempo a sceglierli – sia i pennelli che gli acquerelli.

Ora che aveva speso quei soldi, doveva dimostrare a se stessa di avere quello che serviva per trasformarli in immagini. La pagina bianca, sulla destra della scrivania, sembrava fissarli. Per alcuni artisti è un limite: lo spazio vuoto ti lascia troppo libero, non ti dà riferimenti, non ti dà spunti – deve venire tutto da te.

La postazione sembrava aspettare rispettosamente i suoi tempi, la delicatezza dei pennelli si frapponeva al legno grossolano con cui era realizzata la scrivania. Sgranchì le dita e si preparò a riempire le pagine bianche, qualsiasi cosa sarebbe andata bene. Qualsiasi cosa, purché venisse da sé.


Nel primo paragrafo abbiamo descritto. Nel secondo approccio abbiamo raccontato. Penso sia palese la differenza.

Descrivere o raccontare? Dipende dal contesto ma, se c’è un messaggio, allora meglio raccontare.

Il mondo del web è strapieno di input comunicativi. Quando una persona si connette, da qualsiasi angolo riceve segnali che vogliono comunicarle qualcosa: un’informazione, un prodotto che andrebbe acquistato, un’analisi, una curiosità, la foto di un bel posto, un ristorante dove si mangia malissimo. È davvero difficile farsi strada in tutto questo.

Una cosa che però mi piace, del comunicare con gli altri, è che anche su internet si funziona meglio quando ci si ricorda di parlare ad altri esseri umani e di esserlo, degli umani.

Ci sono degli approcci dove va bene essere descrittivi, ovviamente. Se devi presentare un prodotto al tuo lettore, deve capire di cosa stai parlando. Ma se devi far passare un messaggio, allora raccontarlo ha una potenza completamente diversa.

Siamo affamati di storie. Le cerchiamo di continuo: nei libri, nei film, nei videogiochi, nelle serie TV, nei contenuti online, perfino nelle pubblicità. Ogni cosa ha una storia da raccontare e aspetta che qualcuno la racconti.

Agli umani piace scoprire che sono simili a chi ha scritto quello che leggono: le storie li aiutano a farlo.

Qualche anno fa, per il 25 novembre ho deciso di raccontare un brutto episodio che mi capitò tempo addietro su un treno dalle parti di Milano. Avrei potuto scrivere che «le donne non possono sentirsi del tutto sicure nemmeno su un treno in pieno giorno», ma raccontare dei fatti veri, tangibili, accaduti, da umano a umano, ha passato quello stesso messaggio in modo molto più efficace, materiale, relatable.

Comunicare raccontando qualcosa dice molto di più su quello che vorremmo trasmettere e dice anche qualcosa in più su di noi. Senza nemmeno scomodare il fatto che, diciamolo, raccontare è molto più divertente e stimolante che descrivere.

E, come dicevo, ogni piccola cosa ha una storia da raccontare. Porre l’accento su quella storia dà a quello che hai da esporre una sfumatura in più, esce dalla monodimensionalità algida della descrizione per portare il lettore/il pubblico più vicino sia a te che a quello che hai da dire.

È per questo che nei miei articoli mi piace raccontare tanto, nonostante sia una persona molto laconica e riservata: perché voglio che ciò di cui sto parlando abbia l’attenzione che si meriterebbe. Se voglio che le persone scoprano cosa c’è di speciale in Oxenfree, nel mio articolo racconterò del perché Oxenfree mi ha tolto il sonno, non per filo e per segno di cosa sia Oxenfree.

Il focus non è su di te, ma su quello che stai veicolando con quello che dici.

Da poco, in un libro di Austin Kleon (questo che sta su Amazon, precisamente) ho letto una citazione molto interessante:

‘Il gatto si è seduto sul tappeto’ non è una storia.
‘Il gatto si è seduto sul tappeto del cane’ è una storia.

Questione di sfumature e di cosa rimane in sospeso. Dov’è il cane? Si ingelosirà e scaccerà il gatto? Il gatto si godrà il tappeto del cane indisturbato e ripeterà lo scherzetto, impunito? Scopriremo che vanno d’amore e d’accordo e si metterà seduto accanto a lui? Per ripicca ruberà la cuccia del gatto? Se ti viene voglia di sapere cosa sia successo tra il cane e il gatto, è perché raccontare funziona.

Alla magistrale mi hanno insegnato che se non catturi l’attenzione del tuo pubblico nei primi cinque secondi, l’hai persa per sempre e passerà a qualcos’altro. Vale anche per le storie. E figuriamoci quanto questo diventi complicato se nell’oceano informativo del mondo online ci si limita sempre e solo a descrivere.

Ci sono tantissime storie che valga la pena raccontare. È solo che non tutti si sono accorti del loro potenziale di narratori, quando comunicano.

Se hai qualcosa da dire e questo qualcosa ti sta particolarmente a cuore, il regalo migliore che puoi fare a quella cosa e agli altri è raccontarla.

Author

Dal 2005 lavoro nell'informazione videoludica, dal 2012 su SpazioGames.it, di cui dal 2020 coordino tutte le attività editoriali come caporedattrice. Ho un debole per i libri, le belle storie e insospettabili cose da smanettoni. Nel tempo libero, scrivo romanzi per insegnarmi qualcosa.