È una domanda legittima. C’è una tale quantità di spazi online dove posso esprimermi, e di pagine bianche da riempire, che è lecito domandarsi perché mai possa venire in mente di aprire un altro specifico spazio.

In realtà, la risposta è più semplice di quello che potrebbe sembrare. Spesso, online parlo soprattutto di videogiochi, di storytelling interattivo e di tecnologia. Lo faccio su SpazioGames.it, lo faccio in alcuni canali personali come Secondo Tahva (sia video che con il portale), sui miei social. Ci sono però altre cose di cui mi piacerebbe parlare, che non voglio confinare alla volatilità dei social network e che non sono in tema con le altre realtà dove dico la mia.

Parlare di comunicazione, di come questa funziona, di scrittura a trecentosessanta gradi. Ma anche di società, di stereotipi di genere, di musica, di letteratura. Dare, perché no, dei consigli a chi del mondo del web non è troppo pratico e vorrebbe capire come sono le cose dall’altra parte, dalla parte di chi online ci lavora da tanto tempo.

Ho immaginato questo come uno spazio personale. Uno lento, piccolo e pacato, nella feroce corsa del web dove il traguardo va sempre più avanti di un altro metro via via che ti ci avvicinavi.

Qualcuno lo chiamerebbe in modo sofisticato un sito di personal branding, ma non volevo che fosse una di quelle landing page dove snoccioli le cose che fai o che sai fare non per come sono davvero, ma per come ti suonano bene.

C’è differenza tra descrivere e raccontare – e ne abbiamo parlato. Vorrei che questo spazio raccontasse, non che descrivesse.

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Dal 2005 lavoro nell'informazione videoludica, dal 2012 su SpazioGames.it, di cui dal 2020 coordino tutte le attività editoriali come caporedattrice. Ho un debole per i libri, le belle storie e insospettabili cose da smanettoni. Nel tempo libero, scrivo romanzi per insegnarmi qualcosa.